Sull’emendamento Agostini, la commissione Affari Costituzionali “si rimette all’Aula”. Lo ha appena annunciato il presidente Francesco Paolo Sisto (Fi) che conferma di fatto le voci circolate in queste ore sulla posizione che avrebbero espresso sia il comitato dei nove che il governo. In aula, infatti, il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi conferma la dichiarazione di voto della guida del comitato dei nove: “Il governo – ha detto – si rimette all’aula”.
Di fatto, il comitato dei nove ha deciso di non esprimere parere, né positivo né negativo, sui cosiddetti emendamenti trasversali sulla parità di genere “mentre abbiamo espresso parere contrario per tutti gli altri”.
Inoltre ha annunciato Sisto che “il Comitato dei nove ha riformulato” l’emendamento sulle multicandidature, che ora prevede un “massimo di 8 multicandidature”. Per quanto riguarda il cosiddetto “Salva Lega” il Comitato ha deciso di invitare al ritiro ed eventualmente di esprimere il parere contrario. Ma non sarà necessario perché la deputata forzista Elena Centemero ha ritirato gli emendamenti.
Dopo il dibattito gli emendamenti andranno alla votazione. E’ probabile la richiesta del voto segreto e sull’esito della votazione, nonostante la trasversalità delle posizioni a favore delle quote rosa, dell’alternanza di genere e della riserva del 40% per le capolista, c’è fibrillazione nel vasto fronte delle “deputate in bianco” (le parlamentari che oggi si sono presentate in aula vestite di bianco per sostenere la propria battaglia a favore delle quote rosa).
A sostenere in aula il suo emendamento, è la primo firmataria Roberta Agostini: “Abbiamo scelto di presentare in maniera trasversale e non solo come Partito democratico tre emendamenti”, l’1.88, 1.92 e l’1.93 che garantirebbero la parità di genere, “scelta fatta perché il tema di promuovere il ruolo nelle istituzioni non sia interesse di una parte o di un partito politico ma debba interessare l’intero sistema. Ritengo inammissibile che si voti un nuovo testo sulla legge elettorale che non accolga nelle sue norme il ruolo pubblico delle donne”.
Ad esprimersi a favore degli ‘emendamenti Agostini’ anche tre deputati uomini di fila: il lettiano Marco Meloni che ha spiegato di augurarsi che si votino a scrutinio palese. A favore anche Mario Sberna (PI) e Marco Di Lello (Psi).
Si pronuncia in dissenso al suo partito, Forza Italia, la deputata siracusana Stefania Prestigiacomo che accusa: “Il mio partito di ispirazione liberale, non dà la possibilità di esprimersi in libertà di coscienza, per questo mi esprimo in dissenso col mio partito. E lo faccio con orgoglio e a viso aperto”. Con questa dichiarazione la Prestigiacomo dà corpo alle polemiche apparse, come indiscrezioni nei giorni scorsi, fra le donne di Fi e il capogruppo Renato Brunetta che le avrebbe convocate per una strigliata.
A parte le dichiarazioni ufficiali, il voto segreto ha stanato i deputati anti-quote rosa: l’Aula della Camera ha bocciato l’emendamento trasversale a prima firma Roberta Agostini (Pd) che prevede il 50-50 di proporzione di candidati di sesso diversi nei capolista. Sull’emendamento sia il governo, che i relatori di maggioranza e minoranza, si erano rimessi all’Aula dopo giorni di trattative sulla parità di genere che non hanno portato a un accordo politico sul tema. È stato votato a scrutinio segreto.
Ed è proprio nel Pd che sarebbero mancati i voti. Tanto che il deputato Dem Dario Ginefra su twitter ha scritto: “Il voto di numerosi colleghi è stato contrario alla norma prevista dallo Statuto del PD che afferma la rappresentanza paritaria”. A conti fatti, sui primi due voti agli emendamenti Agostini, se il Pd avesse sostenuto le correzioni della collega, avrebbe potuto contare sui 293 componenti del gruppo mentre nel primo emendamento sono arrivati solo 227 sì contro i 335 no e nel secondo 214 sì contro i 334 no. Dal Pd – ammesso che i voti a favore siano provenuti tutti dai banchi Dem – sono mancati almeno 60 voti.
E la tattica del Pd viene scoperta dagli stessi parlamentari democratici. La Dem Sandra Zampa scrive su twitter: “Mancano voti nostri. Lo dicono numeri”. Giudizio espresso anche in aula: “Fuori c’è un mondo che cambia, non lo fermeremo votando in modo ingannevole, coperti dal voto segreto – ha detto – Domani saremo giudicati e perderemo ancora più credibilità”.
Le quote rosa vengono affossate anche sul terzo emendamento, quello che sembrava assicurato a un “accordo di massima” fra Fi e il premier Matteo Renzi: si tratta dell’emendamento che prevedeva una riserva del 40% alle donne capolista a fronte di un 60% riservato ai colleghi uomini. Il voto è stato negativo per le deputate in “bianco”: 298 no contro 253 si. Le deputate Pd lasciano l’Aula per chiedere al capogruppo, Speranza, una imminente riunione. L’obiettivo è quello di far mancare il numero legale per evitare la prosecuzione dei lavori.
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