“Chiudi quella maledetta bocca. Ricorda che i tuoi familiari sono liberi”. Questo il testo di una lettera firmata “Falange armata” e indirizzata a Totò Riina nel carcere milanese di Opera.
Il finale della lettera lancia un altro messaggio inquietante: “Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi”. La lettera, come ricostruisce il sito on line di Repubblica, non è mai arrivata nella cella di Riina, è stata sequestrata prima dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che l’ha poi inviata alle procure di Palermo e Caltanissetta (ma anche a quelle di Firenze e Roma) in questo momento impegnate a decifrare le dichiarazioni del capomafia.
Della Falange armata si stanno occupando in questi mesi i pm di Palermo che indagano sulla trattativa fra Stato e mafia. Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi hanno già fatto confluire una parte dei vecchi atti dell’inchiesta romana sulla Falange nel processo trattativa. Altri accertamenti delegati alla Dia sono invece in corso.
“Non è verificata”, per il procuratore della Dna, Franco Roberti, la fondatezza delle minacce rivolte a Totó Riina. Così il magistrato ha risposto ai giornalisti nella prefettura di Lecce dove si trova per la firma di un accordo finalizzato a rendere più efficiente il contrasto all’infiltrazione mafiosa nell’economia. “Lo apprendo da giornali oggi – ha aggiunto – e lo stiamo verificando”.