L’Italia è unita sotto l’egida della critica sanremese. Lo sport nazionale, secondo solo all’assioma che ci vede tutti “cittì” durante i Mondiali di calcio, che prevede strali di stizzita disapprovazione sul Festival di Sanremo non ha squadre: quando c’è da dare addosso alla kermesse canora, che resiste da oltre mezzo secolo, siamo un cuor solo e un’anima sola.
L’edizione di quest’anno, però, non ha alibi: è lenta, forzatamente simpatica e buonista allo sfinimento. La coppia Fazio-Littizzetto che della sobrietà da salotto radical-chic ha fatto il proprio cavallo di battaglia, stavolta, non decolla. Il conduttore che al suo primo Festival, quello di Gorbaciov e Dulbecco, ebbe il merito di alleggerire l’aulica liturgia di Sanremo, adesso sbotta per gli ascolti che non si impennano (ieri però si è registrato un incremento) e per le critiche feroci che piovono da tutte le parti.
In questi quindici anni, tanti ne sono passati da quel Sanremo che consacrò Fazio, l’Italia è profondamente cambiata e mentre la frivolezza si appropria dei luoghi sacri della politica (Renzi docet), il conduttore che dell’easy-style è stato il primo interprete clamorosamente si ingessa. Vabbè si dice che Sanremo è Sanremo, che deve mantenere un proprio impianto tradizionale e tradizionalista, ma la più importante fra le produzioni Rai non può rimanere immobile e indifferente alle innovazioni del mondo dello spettacolo. E poi proprio Fazio in passato c’è riuscito.
In viale Mazzini, pensando già all’edizione 2015, dovrebbero già interrogarsi sul processo di trasformazione di una gara canora che deve stare al passo con i tempi, magari andando a curiosare dalle parti di Sky, immaginando chissà un coinvolgimento di quel Luca Tommassini che in Italia ha esaltato il fenomeno X Factor incassando i complimenti di chi lo ha inventato: l’inglese Simon Cowell.
Sanremo è Sanremo, ma se davvero deve rimanere così l’unico ministrante capace di celebrare la liturgia perfetta rimane Pippo ‘fortissimamente’ Baudo. A lui sarebbe consentito tutto, anche di fare flop.