Archiviata anche la seconda serata del Festival di Sanremo è già tempo di tracciare un primo bilancio. Si potrebbe dire che il calo degli ascolti, già sensibile la prima sera e ancora più allarmante mercoledì, sia il primo verdetto inoppugnabile da parte del pubblico.
Quello che lo scorso anno era sembrato innovativo, appare adesso già vecchio, passato di moda. Il Festival, dopo appena due serate, può essere bocciato. Noioso, lungo, diremmo anche banale. Sarà anche che c’è sempre meno voglia di scherzare ma l’elettroencefalogramma delle due serate è stato pressocchè piatto.
Purtroppo – e qui gli autori c’entrano poco – nemmeno le canzoni e i cantanti hanno aiutato. Nomi titolati come Cristiano De Andrè hanno toppato clamorosamente, gli emergenti non hanno presentato canzoni apparentemente futuribili ed è prevedibile che il mercato discografico non subirà particolari impennate.
Sono stati i giovani a dare l’unico tocco di novità e tra questi Diodato (passato ieri insieme a Zibba) con la sua struggente Babilonia è sembrato il più interessante.
Incredibilmente (ma forse neanche tanto) la maggiore attrazione finora è stata rappresentata dagli ospiti “vintage”. Baglioni è sempre Baglioni, le gemelle Kessler che hanno affascinato l’Italia negli anni 70 continuano a strappare un sorriso, tanto di cappello alla simpatia di Franca Valeri.
Ripetersi, si sa, è difficile, specie dopo gli eccellenti risultati del 2013. Sembra che la coppia di conduttori Fazio – Littizzetto sia un po’ ingessata, che segua un copione che freni la loro spontaneità: c’è voglia di fare bene i compitini ma ogni tanto si potrebbe uscire dagli schemi.
Anche Pif convince poco. Dal regista ci si aspettava qualcosa di più, ma sembra scadere in una comoda banalità che non è da lui. Con la sua trasmissione ci ha abituato a un tipo di informazione diversa. Ieri sera l’unico momento divertente è stato quando si è lamentato di Grillo dicendo: “Ma quanto sputa questo?”.
Per non parlare del fiume di polemiche. Prima fra tutte le proteste della prima serata, quando due operai hanno attirato l’attenzione sulla loro situazione precaria, interrompendo l’apertura del Festival (GUARDA IL VIDEO). C’è chi dice che faceva parte del copione, chi fa due conti e si chiede dove hanno trovato i soldi per i biglietti e per un albergo a quattro stelle. Ma da viale Mazzini continuano a smentire.
Anche questo, se vogliamo, è lo specchio dei tempi e di un’Italia che cerca disperatamente lavoro, ma l’incidente di percorso non è stato certamente “spettacolare” come quello che vent’anni fa ha visto protagonista Pippo Baudo.
Le emozioni le hanno regale gli ospiti, ma alcuni sembrano lì quasi per caso. È un continuo balletto sul palco dell’Ariston. Spostiamoci più avanti, andiamo al centro, leviamo l’asta del microfono, andiamo al leggio. C’è un po’ di confusione. E Fazio deve ricordarsi che non si trova negli studi di “Che tempo che fa” e che deve abbandonare lo stile intellettuale per lasciare posto alla leggerezza del varietà. Per questo confidiamo stasera nell’entrata in scena di Renzo Arbore, uno dei più importanti interpreti della musica italiana nel mondo.