Matteo Renzi ha un pregio: parla – quando parla e non lascia “solo” trapelare – come pensa. E aprendo la seduta, in corso, della direzione nazionale del Pd convocata per discutere della legge di riforma del Titolo V della Costituzione che azzera il Senato nell’attuale composizione prevedendo la creazione di una Camera per le autonomie locali con la nomina di un’Aula composta da senatori provenienti dalle Regioni.
Ma prima, Renzi non si è lasciato sfuggire l’occasione di affrontare, vis a vis, il premier Enrico Letta che, di ritorno dalla missione economica del governo nei paesi dell’Arabia Saudita, ha voluto partecipazione alla riunione del Parlamentino Democratico per chiedere frontalmente al segretario nazionale del suo partito una posizione netta: sostegno senza se e senza ma al suo esecutivo. E per farlo, sussurrano negli ambienti Pd, senza che il premier lo abbia mai pronunciato pubblicamente e in maniera aperta, Letta comunque vuole da Renzi un impegno “personale”, che cioè il sindaco di Firenze indichi per il rimpasto uomini e donne riconducibili alla sua corrente che prendano parte all’esecutivo. Un modo, pensa Letta, per mettere fine allo stillicidio di critiche che ogni giorno il segretario fiorentino non fa mancare, plastificando di fatto l’azione governativa.
“Se Letta ritiene che ci siano delle modifiche da porre, affronti il problema nelle sedi istituzionali e giochiamo a carte scoperte” ha detto Renzi, in direzione, sostenendo che “il giudizio sul governo, sulla composizione del governo, sui ministri, spetta al presidente del consiglio dei ministri”. Ma a voler “smorfiare” le primissime dichiarazioni del segretario, l’invito ad affrontare il problema nelle sedi istituzionali, altro non è che un’ammissione. La sede istituzionale ovviamente è il Quirinale: discutere cioè con il capo dello Stato se non sia necessario un avvicendamento alla guida del governo e con Napolitano scegliere la strada.
Conferma così Renzi le indiscrezioni di questi giorni, fuoriuscite dallo staff del segretario Pd e oggi pubblicate in un articolo di Federico Geremicca su La Stampa. Renzi cioè sarebbe pronto, se Napolitano – che ieri ha ulteriormente blindato il premierato di Letta junior – lo volesse, a prendere le redini del governo nazionale sostituendo Letta alla carica di premier. Una scelta che in parte confligge con le dichiarazioni che il sindaco di Firenze ha continuato a ripetere in queste settimane anche in considerazione del fatto che un turn over a Palazzo Chigi avverrebbe senza il confronto con le urne ma con la “legittimità” di 3 milioni di voto raccolti nelle primarie del Pd e che lo costringerebbero ad un sostegno in aula composto, anche per lui, con il sistema tanto odiato delle “larghe intese”. E soprattutto, nell’immediatezza dell’accordo sulla riforma elettorale e sull’abrogazione del Bicameralismo perfetto, rischia di far tornare in campo il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi che quasi certamente cercherebbe i suoi spazi in un governo Renzi primo.
Ma Renzi ha avuto, almeno fin qui, l’abilità di lanciare la palla nel campo avversario e con la dichiarazione di sfida (“Se Letta ritiene che ci siano delle modifiche da porre, affronti il problema nelle sedi istituzionali e giochiamo a carte scoperte”) ha “scaricato” l’eventuale responsabilità nelle mani dell’attuale premier.
Adesso la ‘palla’, ovvero la replica tocca a Letta che la prende alla “larga”. Intervenendo alla direzione nazionale del Pd, comincia parlando del M5S e delle “azioni” di ostruzionismo posti in essere in aula la scorsa settimana. “Il risultato delle politiche del febbraio 2013 è un risultato eccezionale, unico nella storia dell’Europa come la conosciamo noi. Noi abbiamo cercato di dare risposte come Paese Italia ai motivi di crisi che hanno portato il M5S a prendere voti pari, nella sua prima esperienza elettorale nazionale, a quello dei due principali attori partitici. Risposte che aggredissero i motivi che hanno prodotto quel risultato elettorale straordinario”.
Ribadisce, anche, il premier Letta un concetto espresso in questi giorni: “La crisi finanziaria si è conclusa, lo dicono gli indicatori finanziari ma mi rendo conto che la gente non mangia con questi indici. Bisogna risolvere la crisi sociale. Il futuro dei prossimi 5 anni di Unione europea passa da due attori protagonisti: centrodestra e centrosinistra che faranno un grande accordo istituzionale. Noi dobbiamo stare in uno di quei campi e nella cabina di comando non sull’uscio della porta”.
Affida poi a una dichiarazione secca una risposta indiretta al frontale lanciatogli da Renzi: “Galleggiare non è possibile. Non si può uscire da una situazione di questo genere galleggiando. Tutto voglio tranne che questo”. E rinvia di una settimana, di fatto, le decisioni sul rimpasto: “Quello che accadrà la prossima settimana – quando in aula si avvierà il dibattito sulla riforma elettorale condivida con il Pd – sarà un passaggio decisivo, determinerà se queste riforme si possono fare e bene. Il mio impegno c’è tutto e soprattutto c’è la determinazione a sapere che l’occasione che abbiamo nel 2014 è assolutamente irripetibile. E’ un’occasione che, se la cogliamo, il nostro partito entra nella storia di questo Paese”.