È ancora in bilico la partecipazione del Commissario dello Stato Carmelo Aronica al vertice a Roma previsto per domani al ministero degli Affari regionali per affrontare la questione del blocco della spesa in Sicilia. La bilancia penderebbe per il no. Aronica, che ha impugnato i 2/3 della manovra Finanziaria regionale, non avrebbe accolto con favore l’invito del governatore siciliano Rosario Crocetta. Comincia in salita quindi il cammino verso la manovra-bis.
Dopo l’incontro con i ministri Graziano Delrio, Angelino Alfano, Gianpiero D’Alia alla presenza del sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi e dei parlamentari Davide Faraone (Pd) e Renato Schifani (Ncd), il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, ha diramato una nota spiegando di avere illustrato durante la riunione “tutte le azioni positive effettuate dalla Regione nelle ultime due finanziarie, i tagli rigorosi e la lotta agli sprechi effettuati dal governo”.
Crocetta ha annunciato anche la presenza al tavolo tecnico del Commissario dello Stato, lo stesso che ha accusato nei giorni scorsi, tra la altre cose, di aver “ucciso la Sicilia”. Il governatore cerca ora di ricucire gli strappi: “Ritengo urgente riprendere il dialogo con il Commissario dello Stato, nel rispetto del principio di leale collaborazione, per il bene comune. La tragedia imminente della possibile perdita di migliaia di posti di lavoro ha contribuito ad alzare la tensione, ma è volontà della Regione riconoscere il ruolo di garanzia che svolge il Commissario. Spero sinceramente che si possa riprendere un ragionamento che consenta a Regione, Stato e Commissario, tutti assieme, di trovare soluzioni urgenti per evitare la catastrofe in Sicilia”.
L’evoluzione della vicenda avrebbe creato irritazione nell’ufficio del Prefetto Aronica, che ha un ruolo terzo nell’esame delle leggi approvate dal Parlamento siciliano. I dubbi sulla presenza di Aronica al vertice restano in piedi. Che alla fine sia presente o no, per contrastare l’impugnativa del Commissario dello Stato l’unico modo resta quello consentito per legge: ricorrere alla Corte costituzionale.
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