“Il fatto non sussiste”. Così la Terza sezione penale della Cassazione ha assolto Alberto Stasi dall’accusa di detenzione di materiale pedopornografico. I giudici hanno di fatto stravolto la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva condannato l’imputato a trenta giorni di reclusione, convertiti in 2.540 euro di multa, per aver detenuto 17 frammenti di un file pedopornografico. Per Stasi, adesso, resta in piedi il processo per l’omicidio di Chiara Poggi, la fidanzata uccisa nell’agosto del 2007.
La Suprema Corte, con questo verdetto, ha dunque accolto in toto il ricorso presentato dal difensore di Stasi, l’avvocato Alberto Giarda, per cui non c’era “nessuna prova a sostegno dell’accusa”. Il sostituto pg di Cassazione, Sante Spinaci, aveva invece sollecitato la conferma della condanna, sostenendo che non c’erano dubbi sull’avvenuto “scaricamento di file sul pc di Stasi, poi trasferiti nella memoria esterna”.
“Questa vicenda della pedopornografia – ha detto il legale di Stasi – è nata perchè il pm la indicava come movente dell’altra vicenda”, ossia l’omicidio di Chiara, “cosa che invece non è”. Secondo l’avvocato, i 17 frammenti di materiale pedopornografico ritrovati nel pc che era stato sequestrato all’imputato, “non sono mai stati visti da Stasi, non c’è nessuna prova su questo, sono frammenti non fruibili da parte dell’utente perchè non era possibile vedere dei video non completamente scaricati con il programma che Stasi aveva nel suo computer. Dunque – ha concluso il difensore – non è stata raggiunta alcuna prova”.