È morto Ariel Sharon, l’ex premier israeliano, 85 anni, che era in coma dal 4 gennaio 2006. Lo ha annunciato la radio dell’esercito citando la sua famiglia. Le sue condizioni si sono aggravate di colpo per un blocco renale dovuto a “un’infezione cronica”.
L’ospedale Sheba vicino Tel Aviv dov’era ricoverato Sharon non ha confermato la notizia della morte ma ha annunciato una dichiarazione per la stampa a breve. Il ‘bulldozer’ (il soprannome caro agli israeliani, mentre i palestinesi lo chiamavano ‘butcher’, macellaio) era entrato in coma in seguito ad una grave emorragia cerebrale accusata due settimane dopo un lieve ictus.
Sharon, ex generale dell’esercito israeliano e a lungo leader del Likud, è sempre stato un falco. Durante la sua lunga carriera, è stato una figura controversa. Dopo il massacro dei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila in Libano (non fermò le falangi cristiane) e dopo aver innescato la seconda intifada con la provocatoria passeggiata sulla spianata delle moschee a Gerusalemme nel settembre del 2000, Sharon cambiò corso nel 2005. A sorpresa ordinò lo sgombro con la forza tutti gli israeliani dalla Striscia di Gaza. Scelta autonoma, non concordata con l’Anp, che alla fine favorì la crescita di Hamas, che nel 2007 assunse il totale controllo dell’enclave costiera.
Poco prima dell’ictus fondò un nuovo partito di centro, Kadima, con esponenti meno intransigenti come l’allora ministro degli Esteri Tzipi Livni. Gli successe come premier il suo vice, il grigio e controverso Ehud Olmert.