Come se fosse finita una guerra. Questa la condizione in cui, secondo Confindustria, si trova il Paese. “La profonda recessione, la seconda in 6 anni, è finita. I suoi effetti no”, con questo avvertimento il centro studi di Confindustria apre il dibattito su quelli che sono i danni causati durante questi anni di recessione. Secondo Confindustria risulta quindi “per molti versi improprio”. “Il Paese Paese ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile, anche sul fronte sociale – e aggiunge il centro studi che i danni – sono commisurabili solo con quelli di una guerra”.
Sarà un percorso in risalita per il Paese. ” La ridotta capacità produttiva, intaccata dalla prolungata della domanda interna, rappresenterà una zavorra nella fase di ripartenza”, spiega ancora nella nota Confindustria. “Il Pil potrebbe tornare positivo a partire dal trimestre finale del 2013 tuttavia esistono rischi al ribasso, tanto che viene presentato uno scenario alternativo, più pessimistico e non ipotetico -spiegano ancora dal centro studi di Confindustria – nel quale la risalita del Pil si interrompe già nel 2015 e il peso del debito pubblico è più elevato”.
“Il Paese – si legge ancora nello studio – ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile anche sul fronte sociale”. Secondo lo studio la crescita del Pil si dovrebbe attestare intorno ad un aumento dell’1,2 per cento nel 2015. Confindustria cita poi uno studio del Fondo monetario internazionale gli interventi varati nel 2011 e 2012 se pienamente attuati “possono elevare di un punto di Pil percentuale la crescita dell’Italia”. Nel 2014, invece, dovrebbe venire arrestata ” l’emorragia occupazionale” mentre è previsto che il tasso di disoccupazione “si stabilizzerà oltre il 12%”. Mentre i salari riescono a mantenere “il potere d’acquisto: va rilevato che il loro andamento è slegato da quello della disoccupazione”.
“L’andamento dell’economia fa centrare l’obiettivo dei conti pubblici – si legge ancora – fissato per il 2014 (con il deficit al 2,7% del Pil) non quello per il 2015 (2,4%)”. Mentre “Il saldo strutturale continua ad avvicinarsi al pareggio (1,0% del Pil tra due anni) nonostante l’ampio avanzo primario (4,5% del Pil al netto del ciclo, mezzo punto meno di quanto stimato tre mesi fa”.
Secondo l’associazione degli industriali questo risultato è stato ottenuto “varando manovre per complessivi 109 miliardi (6,9% del Pil) dal 2009 in poi. Di cui 3 punti di maggiori entrate e 3,9% di minori spese”. Invece il debito pubblico, pulito dai sostegni europei e in rapporto al Pil, cresce ancora nel 2014, al 129,8 per cento, per poi iniziare a flettere nel 2015, 128,2 per cento ” Una flessione tutta dovuta a un punto di privatizzazioni e dimissioni omogeneamente distribuiti”, spiega ancora il rapporto del Centro studi di Confindustria.
La pressione fiscale scenderà marginalmente nel 2014, rappresenterà il 43,9 per cento del Pil, dopo aver toccato il 44,3 per cento nel 2013. Per gli industriali guidati da Squinzi per far ripartire il Paese più rapidamente ” si deve agire riallocando risorse a favore della competitività e della domanda interna – rileva in conclusione lo studio di Confindustria – il pesante fardello della tassazione accompagnata ad una altissima evasione: eliminando quest’ultima si potrebbero tagliare e mettere le aliquote e mettere in tasca ai dipendenti 1.415 euro e alle imprese 1.711 per addetto”.