Nuovo colpo a cosa nostra nel capoluogo siciliano: un patrimonio del valore di circa 50 milioni di euro è stato sequestrato dalla Guardia di finanza a una famiglia di noti commercianti di Palermo, i Niceta.
Il sequestro è scattato al patrimonio di Mario Niceta e dei figli Massimo, Pietro e Olimpia. Vale 50 milioni di euro e comprende le società che gestiscono una serie di negozi a Palermo (in via Roma, Corso Camillo Finocchiaro Aprile, viale Strasburgo e via Ruggero Settimo con il marchio Olimpia) e a Trapani (Blue Spirit e Niceta. Oggi all’interno del centro commerciale Belicittà di Castelvetrano). Il lavoro prosegue regolarmente, ma in amministrazione giudiziaria.
Le Fiamme gialle di Palermo hanno operato insieme ai colleghi dello Scico di Roma e al Ros dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e dal pm Pierangelo Padova. La ricostruzione patrimoniale ha permesso di risalire alle infiltrazioni di Cosa nostra e dei suoi leader storici, fra cui Matteo Messina Denaro, negli affari delle società appartenenti al gruppo imprenditoriale, leader da molti anni in Sicilia nel settore della vendita al dettaglio di abbigliamento e di preziosi.
Il gruppo risulterebbe, sin dai primi anni ’80, in rapporti di contiguità con i fratelli Giuseppe e Filippo Guttadauro (quest’ultimo cognato di Matteo Messina Denaro, per averne sposato la sorella Rosalia), con i quali avrebbe condiviso interessi economici e l’espansione delle attività nel Palermitano e nel Trapanese. I rapporti con la mafia del mandamento palermitano di Brancaccio si intrecciano con le vicende che hanno caratterizzato gli assetti di alcune imprese edili costituite in quel periodo, alcune create dal capostipite del gruppo e poi passate a diversi soggetti ritenuti vicini a esponenti della criminalità organizzata palermitana.
Giuseppe Guttadauro, 65 anni, è stato arrestato nel 2002 per associazione mafiosa e condannato nel 2006 a anni 13 e 4 mesi. Filippo Guttadauro, 62 anni, arrestato nel 2006 per associazione mafiosa, due anni dopo è stato condannato a 14 anni.
Nel procedimento era emerso il ruolo di raccordo svolto da quest’ultimo nelle comunicazione tra i latitanti Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. Legami sono stati riscontrati, inoltre, con Giuseppe Grigoli, 63 anni, originario di Castelvetrano, che avrebbe avuto un ruolo determinante nell’apertura di due esercizi nel centro commerciale “Belicittà” di Castelvetrano (Trapani), centro di interessi imprenditoriali riconducibili al sodalizio mafioso capeggiato da Messina Denaro.
Tra i beni sequestrati figurano 11 società e relativi complessi aziendali, con sede a Palermo e provincia: società di gestione di beni immobili, vendita di preziosi, intrattenimento e commercio al dettaglio di abbigliamento; 12 fabbricati, 23 terreni, 16 automezzi, 5 quote societarie e disponibilità finanziarie.