Sono morti nel sonno, bruciati nel luogo in cui lavoravano e quasi vivevano. Delle sette vittime dell‘incendio nella fabbrica tessile a Prato, si conosce soltanto un’identità. Due feriti sono in condizioni gravissime, nell’ospedale della città, lottando tra la vita e la morte. Ma il bilancio della tragedia è aggravato dalle condizioni in cui vivevano queste persone.
“Noi non possiamo permettere che in Toscana ci siano uomini e donne ridotti in una condizione di schiavitù”, ha detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Il velo che nascondeva – neanche troppo bene – un’organizzazione lavorativa disumana è stato squarciato nel peggiore dei modi, ma le autorità sembrano non essere indifferenti. La vittima identificata era infatti un lavoratore irregolare.
La procura di Prato ha aperto un’inchiesta in merito all’incendio che include i reati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di manodopera clandestina. Il procuratore capo Piero Tony alza la voce: “Qui è il Far West, la maggior parte delle aziende sono organizzate così”.
Anche il presidente Napolitano dice la sua, inviando una lettere al presidente Rossi: “Al di là di ogni polemica o di una pur obiettiva ricognizione delle cause che hanno reso possibile il determinarsi e il permanere di fenomeni abnormi, sollecito a mia volta un insieme di interventi concertati al livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento – senza porle irrimediabilmente in crisi – realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico toscano e italiano”.
Il Codacons intanto ha presentato un esposto alla procura di Prato, per accertare le responsabilità della tragedia, soprattutto quelle di Inail, ispettorato del lavoro e Comune.