Aiuti di Stato. Salvataggi in extremis ad un capitalismo che, a volte, non ha saputo reggersi sulle sue gambe. Il mercato dovrebbe decidere le sorti delle aziende, meglio, il mercato se gli stati non intervengono, premia le aziende più competitive. Per le imprese meno competitive, per quelle che non riescono ad emergere sul mercato arriva, sempre, una crisi. E la storia industriale italiana ne ha conosciute molte. Alcune delle quali però non si sono risolte secondo dei processi “naturali” ma hanno visto l’intervento dello Stato e dei suoi aiuti.
Il problema degli aiuti di Stato ai privati torna sotto i riflettori con il caso Alitalia e le conseguenti proteste della British Airways dopo le dichiarazioni di acquisizione di Poste Italiane. Le Poste italiane quindi dovrebbero acquisire il 10-11 per cento della compagnia aerea battente bandiera italiana. Ma alle altre compagnie europee questo non sembra essere un giusto, tanto da farle gridare ad “Un illecito aiuto di Stato”, ponendo così ancora una volta il problema su una pratica molto amata nel nostro Paese.
Ripercorrendo la storia industriale italiana nell’elenco delle principali aziende del Belpaese che hanno ricevuto incentivi statali primeggia sulle altre la Fiat. Hanno fatto scalpore le dichiarazioni di qualche anno fa dell’ex patron Montezemolo in merito alla divisione tra aiuti statali e incentivi. Questi ultimi, a suo parere, non sarebbero da considerare aiuti statali perché principalmente volti al sostegno dei consumi. Come evidenziato in un editoriale del Corriere della Sera del 06 febbraio 2010, Montezemolo però non aveva tenuto conto allora del fatturato ricavato dall’azienda proprio grazie a questi ultimi. Lo stesso amministratore delegato, Sergio Marchionne, – sottolinea ancora l’articolo – nell’incontro con i sindacati del 2009 a Palazzo Chigi, aveva riferito che dal 2004 la Fiat aveva avuto 600 milioni di agevolazioni pubbliche per investimenti e attività di ricerca, pari al 4 per cento del totale impegnato dall’azienda. E la storia della Fiat dei 10-12 anni precedenti alla presidenza Montezemolo non fa eccezione, come riporta l’indagine parlamentare del 2002. Con i licenziamenti, la chiusura di alcuni stabilimenti italiani dell’azienda, come quello siciliano di Termini Imerese, l’impegno in Chrysler e lo spettro della delocalizzazione le polemiche sono aumentate in termini esponenziali.
Sul fronte delle aziende a partecipazione statale invece un esempio inverso è quello di Finmeccanica. Nata il 18 marzo 1948 come Società Finanziaria Meccanica – Finmeccanica S.p.A., finanziaria caposettore dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) per il settore meccanico, per molti decenni è stata una holding piuttosto diversificata; fino agli anni ’80 le principali aziende del gruppo erano ‘Aeritalia, attiva nella costruzione di aerei a corto-medio raggio nonché nella fornitura ai grandi costruttori di aerei civili e militari, l’Alfa Romeo, ceduta alla Fiat nel 1986; l’Ansaldo, che, scorporate le storiche attività cantieristiche, era attiva prevalentemente nell’elettromeccanica (turbine, centrali, trasmissione) e nel settore ferroviario. La criticità maggiori per Finmeccanica erano quelle di reperire le risorse finanziarie necessarie per una crescita molto dispendiosa, dato che l’azionista Iri non era nelle condizioni di sostenerla. Così nel 1992 parte del capitale Finmeccanica fu aperto ai privati e l’azienda fu quotata in Borsa.