Li hanno ripescati ieri nel tardo pomeriggio, in quella stiva del peschereccio diventata la tomba di centinaia di migranti: madre e figlio erano lì, pressati tra decine di corpi, ancora uniti dal cordone ombelicale. È stato il presidente della Commissione Europea Manuel Barroso a rendere nota questa storia che aggiunge orrore a orrore. I racconti dei soccorritori, che da giorni lavorano in quell’hangar maledetto cercando di dare almeno un nome a questi poveri disperati morti in fondo al mare, e la vista di quelle minuscole bare bianche, ha commosso i rappresentanti istituzionali, venuti a rendersi conto con i loro occhi cosa significa morire di speranza.
Il premier Enrico Letta si è inginocchiato davanti a quei feretri con sopra l’orsacchiotto, rimanendo attonito di fronte ad un qualcosa di non giustificabile, mentre Barroso continuava a scuotere la testa, muto di fronte a quell’immagine di morte. Toccato a tal punto che, una volta in conferenza stampa, ha raccontato l’episodio. “Non dimenticherò mai le centinaia di bare allineate – ha detto. – Ho visto neonati, bambini, e anche una madre con il piccolo non ancora separato da lei, perché proprio in quel momento stava venendo alla luce”. Se sia andata proprio così, nessuno lo saprà mai: “Ieri sera abbiamo cercato di capire, ma il tempo passato in acqua e lo stato generale dei corpi – spiega nel linguaggio meno duro possibile uno di quei santi che lavora all’identificazione delle vittime – non ci consentono di dire se il piccolo sia stato partorito prima o durante il naufragio o se sia stato espulso successivamente”. Quel che è certo, dicono quasi con orgoglio dall’hangar, che quel piccolo “è stato considerato a tutti gli effetti un individuo, conteggiato nel computo delle vittime della tragedia e disposto in una bara accanto alla mamma”. Dunque lui – o lei, nessuno potrà mai dirlo – è la duecentonovantottesima vittima ripescata dal mare. Dunque anche quel minuscolo individuo che non ha fatto neanche in tempo a vedere il sole, avrà un funerale di Stato, un ricordo solenne.
“Davanti a quelle bare – ha twittato il commissario per gli Affari Interni dell’Ue Cecilia Malmstrom – si prova un immenso dolore”: una strage simile “non è degna dell’Europa”. Ecco perché, dice ancora Malmstrom, i 27 paesi dell’Ue devono imparare dai lampedusani: “il vostro coraggio e compassione sono l’esempio che deve ispirare gli stati membri, per avere una vera politica basata sulla solidarietà e il sostegno”. E far si che mai più un neonato non possa vedere il sole.