PALERMO, 22 MAGGIO 2013 – Appalti per la metanizzazione in Sicilia nelle mani della mafia. La Guardia di Finanza ha sequestrato un ingente patrimonio costituito da attività commerciali, società, immobili di pregio e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 48 milioni di euro.
Il provvedimento è stato emesso dalla sezione misure e prevenzione del tribunale di Palermo su proposta della Procura della Repubblica. Il sequestro arriva dopo un’indagine della polizia tributaria della guardia di finanza, che ha svelato infiltrazioni di Cosa nostra negli affari della società che ha curato, tra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione in diverse aree del territorio siciliano. Sarebbero coinvolti anche alcuni nomi “storici” dell’associazione mafiosa, fra i quali Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Matteo Messina Denaro.
L’attività investigativa si è concentrata sulla nascita della società, costituita negli anni ’80 da un dipendente pubblico grazie all’investimento di ingenti risorse di dubbia provenienza. La società si sarebbe sviluppata grazie alla protezione di Cosa nostra e all’appoggio di politici, tra i quali l’ex sindaco palermitano Vito Ciancimino, ottenendo così 72 concessioni per la metanizzazione di comuni in Sicilia e in Abruzzo. Lavori che in molti casi sono stati affidati in sub appalto ad imprese riconducibili a persone indagate per mafia o ritenuti vicini a Cosa nostra. Le misure di prevenzione patrimoniale sono state emesse nei confronti di Monia Brancato, 40 anni, Antonella Brancato, 31 anni, entrambe palermitane, e Maria D’Anna, 66 anni, di Balestrate.
Le indagini sono state portate avanti anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia – tra cui Giovanni Brusca, Vincenzo Ferro, Antonino Giuffré – al contenuto di alcuni “pizzini” che sono stati sequestrati ai boss e all’esame di numerosi contratti di appalto e sub appalto per l’esecuzione di lavori di metanizzazione. È stata così ricostruita la storia delle diverse società del gruppo. L’attività investigativa si è concentrata sulla ricchezza accumulata dalla famiglia del fondatore, subentrata alla morte di questo avvenuta nel 2000, e alla cessione dell’intero pacchetto azionario per circa 115 milioni di euro del 2004, che avrebbe permesso di ripulire i proventi acquisiti grazie all’appoggio della mafia. Alla cessione è seguita la costituzione di nuove società, l’avvio di attività commerciali sia a Palermo che nella provincia di Sassari, e l’acquisto di appartamenti e ville.
Tra i beni sequestrati tra la Sicilia e la Sardegna, terreni a Partinico e Sclafani Bagni, appartamenti e autorimesse a Palermo e Arzachena, immobili, uffici, fabbricati commerciali, opifici industriali e negozi a Palermo e Balestrate. Inoltre è stato sequestrato l’intero capitale sociale e complesso di beni aziendali della ditta individuale di Maria D’Anna di Palermo che si occupa di colture miste viti-vinicole, olivicole e frutticole, il 50% della “T.M.I. srl” di commercio all’ingrosso di combustibili per riscaldamento, con sede a Brescia, la “Victoria Srl”, ditta palermitana di valorizzazione e promozione immobiliare, la “Chloe srl” di loocazione immobiliare di beni propri e la “Antichità Franconeri srl” di commercio al dettaglio di oggetti d’arte, di culto e bigiotteria”. Sotto sequestro anche il 39% della “RES srl”, che si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, la società “Ambra Srl” di locazione immobiliare di beni propri, la “G. R. Gioielli srl” di produzione di metalli preziosi e semilavorati e 1/3 del capitale sociale della “R2B Srl” di fabbricazione di bigiotteria, tutte di Palermo. Infine sono state poste sotto sequestro disponibilità finanziarie, polizze assicurative, deposito titoli, fondi comune di investimento e polizze assicurative per oltre 3 milioni di euro.